COA: nuove diagnosi HIV, dati aggiornati al 2010 (ora 2022)

Dedicato alle altre realtà che, a vario titolo, si occupano di HIV.
Dora
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Re: COA: nuove diagnosi HIV, dati aggiornati al 2010 (ora 20

Messaggio da Dora » giovedì 11 settembre 2014, 11:06

alfaa ha scritto:Posso dire una cosa?

Io non sono d'accordo con questa cosa di dover prendere farmaci se un gay è sieronegativo. Voglio dire,abbiamo il profilattico,perchè non usare quello sempre e comunque? Anche in coppia fissa? E' cosi che i contagi terminerebbero.Il problema è che i gay,come gli etero, il condom non lo usano come dovrebbero. Che senso ha far impasticcare una persona sana ? Che poi se non usa il condom magari neanche si prenderà le pillole.... Inoltre, chi le pagherebbe queste medicine da dare a centinaia di migliaia di maschi gay sieronegativi? Non so a me sembra assurdo ,quando abbiamo già un efficacissimo strumento molto meno costoso : il condom.

Sono d'accordo sul fatto che nell'ambiente gay la sieropositività è molto piu diffusa che tra gli etero( ma basta fare una percentuale di gay ed etero che c'è sui forum ...) ma secondo me questa idea di dare farmaci ai gay sieronegativi non è una risposta adeguata. Secondo me almeno
Ovvio che "puoi dire una cosa"! :D
Però posso chiederti il favore personale, se vuoi parlare di PrEP, di farlo nel thread apposito e di lasciare questo alla discussione sui dati dei contagi? Come avrai certamente capito, la questione delle fette di salame ideologiche che le associazioni di vera o presunta *lotta all'HIV/AIDS* si sono tenute davanti agli occhi almeno dal 2009-10 per me è particolarmente sensibile. ;)

La discussione sulla PrEP (peccato non aver accesso all'archivio, perché è una discussione che stiamo facendo dal 2010 e tutti i pro e contra sono stati sviscerati decine di volte) si trova qui:



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Re: COA: nuove diagnosi HIV, dati aggiornati al 2010 (ora 20

Messaggio da alfaa » giovedì 11 settembre 2014, 11:17

ok ;)

Per tornare in topic allora, ho letto recentemente un post del fondatore di plus onlus,su questo forum. Ma sbaglio o ha detto che in italia i gay s+ sono il 10% dei gay , e in città come milano roma e bologna oltre il 12 % ? Come a Londra praticamente. E' tantissimo. Oltre il 12 % significa un gay su 8 circa.Anche se non ho capito questi dati come li ha avuti,io di dati italiani di questo tipo non ne ho trovati proprio in giro



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Re: COA: nuove diagnosi HIV, dati aggiornati al 2010 (ora 20

Messaggio da Dora » giovedì 11 settembre 2014, 11:58

alfaa ha scritto:ok ;)
Sapevo di poter contare sulla tua comprensione. :D
Per tornare in topic allora, ho letto recentemente un post del fondatore di plus onlus,su questo forum. Ma sbaglio o ha detto che in italia i gay s+ sono il 10% dei gay , e in città come milano roma e bologna oltre il 12 % ? Come a Londra praticamente. E' tantissimo. Oltre il 12 % significa un gay su 8 circa.Anche se non ho capito questi dati come li ha avuti,io di dati italiani di questo tipo non ne ho trovati proprio in giro
Non so su che cosa basasse i suoi ragionamenti. So però che all'università di Bologna ci sono diverse persone che studiano il contagio fra MSM e forse hanno dati più precisi.
Se di "dati italiani di questo tipo non ne [hai] trovati proprio in giro", temo che una parte consistente di responsabilità possiamo addebitarla proprio all'ISTAT, che manda questionari per lettera nelle case degli italiani, indirizzandoli a un preciso membro della famiglia, per chiedergli se è gay; oppure, sempre per sapere se uno è gay, gli chiedono se si è mai innamorato di un uomo (non "se ha fatto sesso", proprio "se si è innamorato"). Questi sono i nostri esperti: totale mancanza di attenzione alla privacy delle persone da una parte, e dall'altra una sensibilità da Collegio delle Fanciulle, che gli impedisce di fare le domande giuste. Così si finisce per sottostimare il numero dei contagi e si pubblicano dati sbagliati.



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Re: COA: nuove diagnosi HIV, dati aggiornati al 2010 (ora 20

Messaggio da stealthy » giovedì 11 settembre 2014, 12:39

Dora ha scritto:
uffa2 ha scritto:
Dora ha scritto:...Quando già nel 2009-10 scrivemmo che l'esplosione dei contagi fra omo- e bi-sessuali richiedeva un ripensamento della negazione ideologica che ha portato le associazioni italiane a rifiutare il concetto di "categorie a rischio" in favore del più sfumato, ambiguo e forse meno "stigmatizzante" concetto di "comportamento a rischio", la reazione che Leon, Uffa ed io raccogliemmo fu prevalentemente l'insulto di "omofobia".
Ci prendemmo l'insulto e continuammo a pensare che quella forma di vero e proprio negazionismo che portava associazioni come LILA e ARCIGAY a negare quella che i dati dei contagi dimostravano essere un'orribile evidenza fosse molto pericolosa - come sovente accade quando si insiste a negare la realtà. Infatti, il rischio era che, per tenersi aggrappati alle proprie preferenze terminologiche, non si adottassero misure di prevenzione mirate - per linguaggio e argomenti - agli uomini gay.


Non è bello sapere che avevamo ragione, non dà proprio nessuna soddisfazione. Io, per parte mia, sarei ben felice oggi di poter dire: ho sbagliato, non ho capito nulla dei dati che anno dopo anno il COA pubblicava, non esistono categorie di persone che rischiano più (molto più) di altre.

Purtroppo non è così e i giovani e meno giovani gay si stanno infettando più di qualsiasi altro gruppo di cittadini.

Dal congresso di Melbourne il mese scorso l'allarme è risuonato in tutto il mondo. Uno dei temi più dibattuti è stato infatti quello delle "key populations" e delle "vulnerable populations": questi sono termini che alla LILA forse piacciono di più, ma che nella sostanza ci riportano alle famigerate categorie a rischio.
Ricordo ancora, e come allora continuo a pensare che dietro a questa negazione della realtà ci siano resistenze mentali comprensibili nei singoli ma esecrabili nelle organizzazioni.
Penso oltretutto che sciaguratamente sia non solo un problema dei giovani gay (che fanno indiscutibilmente parte di un gruppo ad alto rischio) ma dei giovani tout court: un'intera generazione va a fare sesso convinta di vivere in un mondo che non esiste, perché nulla gli è stato raccontato, perché si può parlare di sesso ai minorenni sennò la chiesa, i genitori imbarazzati, le "sentinelle" di 'sto cazzzo e ogni altro gruppo di schifosi ipocriti, repressi e sessuofobi si scatena.
In questo gruppo a rischio, i giovani gay sono ancora più sfortunati, perché l'HIV è endemico nella comunità omosessuale: quei ragazzi si affacciano alla vita, il nemico ha già preso la mira e loro sono indifesi.
Ne parlavamo, Dora, qualche giorno fa: quando vedo ragazzini che hanno da poco raggiunto la maggiore età in attesa al mio Centro per l'esame del sangue o la visita periodica, mi crolla il mondo, penso a quanta gioia gli è stata sottratta, a quanto dolore devono affrontare ancora così impreparati, a quanto questa società sia colpevole per la loro malattia.
E' una roba che fa ribollire il sangue, e nessuno fa niente.
FINALMENTE!!

Ho dovuto aspettare 6 anni, ma infine qualcuno delle associazioni si è deciso a scrivere quello che, se fosse stato recepito anni fa e non fosse stato seppellito da vagonate di ideologia autoconsolatoria, forse avrebbe permesso di mirare gli interventi di prevenzione alle persone che ne avevano più bisogno. E così, magari, avrebbe impedito qualche contagio.
Il "qualcuno delle associazioni" è Giulio Maria Corbelli, che scrive su PRIDE un lungo articolo dedicato alla PrEP. Io vi suggerisco di leggerlo tutto, ma le parole che attendevo da anni si trovano nella parte iniziale:

Fermare il virus
  • Ha senso che un maschio gay sieronegativo assuma dei farmaci per evitare di prendere l’infezione? I maschi omosessuali sono una “categoria a rischio”? L’Hiv è una “malattia gay”?
    Dopo 33 anni dai primi casi di Aids documentati tra maschi gay negli USA, alcune domande sono ancora vive. Le ripropone l’Organizzazione Mondiale della Sanità che, nelle nuove linee guida lanciate lo scorso 11 luglio, si concentra su come combattere l’Hiv nelle “popolazioni chiave”, cioè quei “gruppi definiti che, a causa di specifici comportamenti ad alto rischio, hanno un rischio maggiore di acquisire l’Hiv indipendentemente dal tipo di epidemia o dal contesto locale. Inoltre, hanno spesso questioni legali o sociali relative ai loro comportamenti che aumentano la loro vulnerabilità all’Hiv”.
    L’Oms in particolare si riferisce alle persone che si iniettano droghe, ai lavoratori o lavoratrici del sesso, a chi è detenuto, alle persone transgender e – appunto – ai maschi che fanno sesso con maschi (MSM).
    “Se non si riesce a fornire un adeguato accesso ai servizi per l’Hiv a questi gruppi chiave – avvisa l’agenzia dell’ONU per la salute – mettiamo a rischio il progresso globale della risposta all’Hiv”.
    In altre parole, non si può fermare la diffusione del virus se non si risponde ai bisogni specifici di queste persone.
    Il concetto è logico e scientificamente fondato. In Italia, ad esempio, l’unico gruppo in cui si registra un aumento del numero delle nuove diagnosi di infezione da Hiv è proprio quello dei gay e degli altri MSM. Quindi se ogni anno nel nostro paese non si riesce a scendere sotto la soglia delle 3.600–4.000 persone diagnosticate sieropositive, questo è dovuto anche – non esclusivamente, ma prevalentemente – al fatto che l’Hiv continua a circolare tra i gay senza che vengano messi in campo interventi di informazione e prevenzione pensati apposta per i gay. E non affrontiamo il delicato tema delle altre malattie a trasmissione sessuale!
    Un maschio gay che si sia beccato la sifilide in una città come Roma, se cerca di avvisare i partner con cui ha fatto sesso negli ultimi mesi nell’80% dei casi si sente rispondere “ah sì, l’ho avuta anch’io”… E tutto questo senza che nessuna autorità si senta in dovere di avvisare la comunità che è in corso una dilagante epidemia di sifilide!
    Tornando all’Hiv, le linee guida dell’Oms sono state interpretate da qualcuno come una riproposizione del tema delle “categorie a rischio” già combattuto negli anni ‘90. Quando la psicosi dell’Aids era in pieno delirio e una disinformazione sessuofoba aveva fatto sì che la gente non temesse solo il virus ma anche le persone che potevano averlo, il rischio per i gay di essere identificati come portatori dell’Hiv doveva essere giustamente contrastato: si scelse quindi di rifiutare il concetto di “categoria a rischio” per individuare quello più sensato di “comportamento a rischio”. E fin qui tutto bene. Peccato però che questo abbia portato alcune parti del movimento – non solo italiano – a pensare che non fosse compito delle associazioni gay occuparsi della salute dei gay: pensiamo a poterci sposare, se poi crepiamo di Aids chi se ne frega?!
    Sarà stato il fatto che le organizzazioni lgbt non hanno continuato a fare campagne informative – anche perché senza un aiuto concreto da parte delle istituzioni non hanno nemmeno le risorse per farlo! – oppure il fatto che, dopo anni in cui l’uso del preservativo era considerato un dovere imprescindibile, sia arrivata la stanchezza, fatto sta che l’Hiv tra i gay ha ripreso a circolare.

    Allora come fermarlo?
    L’Oms una proposta ce l’ha: si chiama PrEP. (...)


Ah quindi Corbelli dice che non siamo omofobi? :lol: :lol: :lol: :lol:



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Re: COA: nuove diagnosi HIV, dati aggiornati al 2010 (ora 20

Messaggio da Dora » giovedì 11 settembre 2014, 14:09

stealthy ha scritto:Ah quindi Corbelli dice che non siamo omofobi? :lol: :lol: :lol: :lol:
A quanto pare no, tanto omofobi non siamo. Anzi, sostenevamo "concetti logici e scientificamente fondati".

Corbelli è l'unico attivista italiano ad avere prestigio internazionale e non mi sembra un caso che dimostri di avere ben chiare le lezioni che arrivano dal mondo anglosassone. Spero solo che riesca a rendere meno provinciali le associazioni italiane e ad infondere un po' di "logica e fondamento scientifico" nelle iniziative di prevenzione prese da associazioni e governo.
Se poi riuscirà anche a far entrare nella testa di Cerioli & co. la necessità di parlare di ricerca e di cura e di parlarne non a vanvera, ma con cognizione di causa, avrà la mia eterna riconoscenza.



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Re: COA: nuove diagnosi HIV, dati aggiornati al 2010 (ora 20

Messaggio da Dora » venerdì 19 settembre 2014, 11:12

Quest'anno l'IgNobel per l'economia è andato all'ISTAT
  • per aver fieramente anticipato il mandato dell’Unione Europea che consiste nell’incrementare la dimensione ufficiale dell’economia di ogni nazione includendo redditi da prostituzione, spaccio di droga, contrabbando e altre transazioni finanziarie illegali tra partecipanti volontari.
L'anno prossimo quello per l'epidemiologia al COA? :mrgreen:

Un post sugli IgNobel (l'Italia è stata onorata anche per l'arte a Marina de Tommaso, Michele Sardaro e Paolo Livrea, "per aver misurato il dolore sofferto dalle persone che guardano un dipinto orrendo e un bel quadro, mentre viene loro sparato (nella mano) un potente raggio laser") molto carino e divertente, scritto da Sylvie Coyaud su OggiScienza: L’Italia onorata due volte.



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Re: COA: nuove diagnosi HIV, dati aggiornati al 2010 (ora 20

Messaggio da skydrake » venerdì 19 settembre 2014, 13:47

Dora ha scritto:Quest'anno l'IgNobel per l'economia è andato all'ISTAT
  • per aver fieramente anticipato il mandato dell’Unione Europea che consiste nell’incrementare la dimensione ufficiale dell’economia di ogni nazione includendo redditi da prostituzione, spaccio di droga, contrabbando e altre transazioni finanziarie illegali tra partecipanti volontari.
Assolutamente contrario. Perchè dare il IgNobel all'ISTAT?

L'ISTAT si limita ad applicare le modalità di conteggio SEC2010, che sostituiscono il SEC1995. Tali modalità si propongono di stabilire un modo uniforme per valutare i bilanci degli stati e conteggiare il prodotto nazionale lordo.
Poichè in molti stati la prostituzione è legale (es. Svizzera, Germania, Austria) e le prostitute pagano le tasse, esse contribuiscono al bilancio statale del relativo paese. Se un paese le conteggia e le altre no, hai difficoltà a valutare le differenti economie.
Gà gli USA utilizzano la metodologia simile al SEC2010, anche se non sono un paese europeo.

Applicando il SEC2010 in tutti i paesi europei e proprio semplifica il confronto delle economie.
Magari i parametri inclusi possono essere opinabili, tuttavia:
1) Perchè ci dovrebbero essere metodi difformi?
2) Che centra l'ISTAT, visto che è l'ultima ruota del carro?



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Re: COA: nuove diagnosi HIV, dati aggiornati al 2010 (ora 20

Messaggio da stealthy » venerdì 19 settembre 2014, 14:11

Sylvie, lei è molto ironica:lol:



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Re: COA: nuove diagnosi HIV, dati aggiornati al 2010 (ora 20

Messaggio da Dora » venerdì 19 settembre 2014, 15:14

skydrake ha scritto:Che centra l'ISTAT, visto che è l'ultima ruota del carro?
Ma sì, certo. Ma i premi IgNobel sono fatti per ridere. Così come per ridere (o, se preferisci, ridere-per-non-piangere) ho candidato il COA a ricevere l'ambito riconoscimento per il prossimo anno.
Motivazione:
  • per essere fieramente riuscito a perdersi per strada decine di migliaia di sieropositivi nelle rilevazioni fatte per diversi anni consecutivi e per non essere stato capace di leggere e interpretare correttamente neppure i propri stessi dati.



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Re: COA: nuove diagnosi HIV, dati aggiornati al 2010 (ora 20

Messaggio da Dora » giovedì 20 novembre 2014, 10:06

Mentre attendiamo che vengano resi pubblici i nuovi dati del COA, nel Regno Unito il report annuale di Public Health England conferma quanto si è visto negli ultimi anni: la netta ripresa delle infezioni fra MSM.
Un uomo gay su 8 a Londra (il 13%) ha l'HIV, mentre al di fuori della capitale le infezioni fra MSM ammontano al 4%.
E sono in aumento le diagnosi nella fascia più giovane della popolazione di uomini gay.
I London Councils hanno stanziato 3,4 milioni di sterline per un programma di prevenzione della durata di tre anni mirato agli MSM della capitale.

Vedremo lo stesso a Roma e Milano?



Fonti:



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