L’Hiv mi ha spezzato il cuore due volte

Dedicato alle altre realtà che, a vario titolo, si occupano di HIV.
Keanu
Messaggi: 282
Iscritto il: giovedì 31 luglio 2014, 12:14

L’Hiv mi ha spezzato il cuore due volte

Messaggio da Keanu » giovedì 7 aprile 2016, 22:25

A volte una malattia, come quella da hiv, cambia le persone, chi in meglio chi in peggio. Ho appena letto questa storia che mi ha toccato molto.

Mi chiamo Lucia, ho 42 anni, sono una Hiv Helper (aiutante contro l’Hiv) e lavoro nella clinica di Bugisi, nel nord della Tanzania, dal 2009. Per fare questo lavoro ho fatto alcuni corsi di “HBC” (Home Based Care – Cure a domicilio) e di Family Planning (programmazione famigliare), per l’assistenza alle persone con Hiv. Non è proprio un lavoro da infermiera, ma più da “assistente sociale”, anche se nei corsi di aggiornamento ci hanno insegnato molto del lavoro da infermiera. Per capire il mio lavoro, e perché mi trovo a fare questo lavoro, devo prima raccontarti la mia storia.
Dal 2006, dopo aver scoperto di avere l’Hiv, sono in terapia. Quando ho saputo che ero sieropositiva mi si è spezzato il cuore due volte: per me, prima, e, poi, per essere stata abbandonata da mio marito, che non ha accettato la mia condizione. Ho avuto otto gravidanze, tre bimbi morti piccoli, cinque ormai grandicelli, ma il più importante è stato il più piccolo, nato dopo il 2006, quando già avevo iniziato la terapia. Per fortuna è nato sano, e tutti i test sono risultati negativi.
Mi sento molto fortunata a lavorare qui, vicino a casa, a un’ora di bicicletta. Al mattino mi alzo alle sei, preparo da mangiare ai figli che vanno a scuola, e poi parto con la mia bici e arrivo al lavoro verso le 8.00.
Il mio lavoro contro l’Hiv
La figura di Hiv Helper è espressamente prevista dalle linee guida del Ministero della Salute ed è per questo che io ho cominciato a lavorare qui dal 2009. La mia presenza vuole essere di esempio di come si può star bene e superare le molte e dolorose difficoltà di questa malattia. In più, io parlo il dialetto locale, che, spesso, per anziani e bambini è l’unica lingua. Conosco i loro problemi, di discriminazione, di grande povertà, di paura ad accettare la malattia e prendere i farmaci per tutta la vita. E’ questa frase “per tutta la vita” che non è facile capire e accettare. Mi piace molto il mio lavoro. Io e gli altri miei colleghi, facciamo da collegamento tra i nostri villaggi e il centro di cura dove vengono forniti i servizi principali alle persone con Hiv.
In media alla clinica dove lavoro arrivano dai 50 ai 120 pazienti al giorno. Fare il test è il primo passo, che apre la porta a chi è positivo alla terapia, che serve a far star bene la persona, ma anche a prevenire la trasmissione del virus al bambino durante la gravidanza e l’allattamento, o al partner. Il test apre anche un’altra porta a chi è negativo: quella della prevenzione, che insegna a modificare il proprio comportamento così da evitare il rischio di diventare positivo. Spesso le persone aspettano che compaiano i sintomi prima di fare il test. Devo spiegare e far capire alla gente dei villaggi che è meglio fare il test prima di stare male, in modo da iniziare subito la terapia.
Così, mentre i pazienti aspettano nella area di attesa, facciamo loro educazione sanitaria: un giorno parliamo di come si trasmette il virus, il secondo come si previene, e il terzo come si cura questa malattia. Queste lezioni vengono ripetute ogni settimana. I nuovi pazienti vengono seguiti con più attenzione e solo dopo la terza lezione possono iniziare la terapia. Chi inizia la terapia deve farsi accompagnare da un “testimone”, il quale sarà il suo aiutante, il suo supervisore. Si prenderà carico e responsabilità della cura del nuovo paziente Hiv.
Purtroppo molti si perdono, e questo è un grosso problema. Rintracciare i pazienti che non vengono agli appuntamenti è una parte importante del mio lavoro. Al pomeriggio, nel mio villaggio, mi prendo cura e supervisiono i malati con Hiv che conosco. Specialmente quelli che hanno scoperto da poco di essere sieropositivi e quelli che non vengono agli appuntamenti. Li vado a trovare a casa, li incoraggio, do loro speranza. Spiego cosa è questa malattia, racconto la mia storia. E allora li vedo che un po’ alla volta si rasserenano, mi guardano, mi ringraziano, si rincuorano.
Io sono felice
Sono felice quando i pazienti mi ringraziano, si tranquillizzano, si fidano di me. Sono felice di poter essere ancora di aiuto alla mia famiglia col mio piccolo lavoro, di poter mandare a scuola i bambini, avere la forza di mettermi a lavorare nei campi alla sera quando ritorno a casa, per coltivare il mais , le arachidi e il riso. E tutto questo, grazie ai farmaci.

Questo testo è stato raccolto da Giampietro Pellizzer, primario del Reparto Malattie Infettive di Vicenza, a Bugisi da luglio 2015 per dirigere il progetto di Medici con l’Africa Cuamm volto al miglioramento del test e della cura dell’Hiv/Aids nella regione.

fonte http://blog.iodonna.it/volontari-africa ... resh_ce-cp



Fiore79
Messaggi: 507
Iscritto il: sabato 10 ottobre 2015, 17:39

Re: L’Hiv mi ha spezzato il cuore due volte

Messaggio da Fiore79 » giovedì 7 aprile 2016, 22:43

Bellissima storia, che sia di aiuto a tutti noi



Valentina77
Messaggi: 49
Iscritto il: mercoledì 1 ottobre 2014, 16:50

Re: L’Hiv mi ha spezzato il cuore due volte

Messaggio da Valentina77 » lunedì 30 maggio 2016, 14:53

Grazie per averla condivisa



Rispondi