Dora ha scritto:Il posto di gente come Mastrangelo è YouTube a dar lezioni a Nadia Toffa, altro che l'aula magna di un'università.
E così ieri il convegno dei dibelliani si è tenuto – in una sala della Regione Emilia Romagna messa a disposizione del Movimento 5 Stelle e con il patrocinio dell’Ordine dei Medici di Bologna.
In questo periodo, mi capita sempre più spesso di scrivere di quelle che definisco le
infiltrazioni che le pseudoscienze attuano nelle istituzioni con l’obiettivo da un lato di ottenere riconoscimento e legittimità scientifica, dall’altro di giungere a integrare la pseudomedicina nel servizio sanitario nazionale così da farne pagare i costi al contribuente italiano.
Non sono un fenomeno nuovo, naturalmente, ma mi pare che siano un fenomeno in espansione, quindi meritevole di essere seguito e denunciato ogni volta che se ne presenti la possibilità.
Qualche giorno fa, a una signora devota al metodo Di Bella che era
venuta nel blog dell’OcaSapiens ad
esternare tutta la sua indignazione per l’opposizione all’MDB manifestata dai frequentatori del blog, ho provato a
rispondere così:
Dora ha scritto:@ Marta Lignini
Voi non volete che si svolga il convegno di Bologna, perché [...]
Signora Lignini, nessuno pretende che il convegno della Fondazione Di Bella non si svolga. Quello che chi ha a cuore la ricerca e la scienza non meno che la salute dei pazienti non vuole è che quel convegno si svolga sotto l'egida di una università e con il patrocinio di un ordine dei medici, perché il MDB non ha passato il vaglio della critica scientifica e non ha dunque acquisito legittimità scientifica.
Avete gridato alla censura e al complotto dei soliti Poteri Forti e capisco il vostro sconcerto - dopotutto, non era la prima volta che un convegno sul MDB veniva ospitato dall'Aula Magna dell'Università di Bologna, pensavate forse che da consuetudine si fosse trasformata in diritto acquisito.
E capisco anche che per chi crede in una certa terapia con fede religiosa e le attribuisce la salvezza di un proprio caro sia difficile accettare che il resto del mondo la ritiene smentita, confutata in ogni modo, non scientifica e dunque non adatta ad essere patrocinata da istituzioni che della ricerca e della scienza sono le custodi.
Ma così è. E anche se a lei e agli altri seguaci del metodo Di Bella questa differenza può apparire di poco o di nessun conto, tutte le persone che si sono ribellate al patrocinio di università e ordine dei medici non l'hanno fatto per danneggiare i malati, ma per ristabilire un principio che tutela tutti noi come cittadini potenzialmente malati: se una teoria non passa il vaglio della critica scientifica, non è corretto che venga sponsorizzata dalle stesse istituzioni che la scienza la devono promuovere e proteggere, perché ne va della salute non solo della scienza, ma in primo luogo dei cittadini.
Ora, in questi giorni in cui stavo preparando un post sulle
due Dichiarazioni di Durban, ho finalmente letto per intero una lettera a
Nature che avevo visto citata diverse volte quando studiavo il negazionismo dell’HIV/AIDS in Sud Africa. Si tratta della
risposta che due scienziati - Simon Wain-Hobson, dell’Unité de Rétrovirologie Moléculaire dell’Institut Pasteur di Parigi e Robin Weiss, del Windeyer Institute of Medical Sciences dello University College di Londra – hanno mandato a
Nature nell’ottobre 2000 per stigmatizzare il fatto che la rivista avesse ospitato la
lettera dei 12 negazionisti che si opponevano alla Dichiarazione di Durban.
Credo che spieghi meglio di come mai potrei fare io perché non possiamo accettare che delle università ospitino congressi di ciarlatani o permettano a dei negazionisti di tenere dei corsi in cui insegnano che l'HIV non è la causa dell’AIDS, né che degli ordini dei medici si prestino a sponsorizzare convegni di sostenitori di metodi screditati dalla scienza, né che l’Istituto Superiore di Sanità riceva con tutti gli onori, così legittimandoli, omeopati, naturopati, antroposofi e compagnia cantante.
Ho dunque pensato di tradurla e pubblicarla qui.
SE LA LIBERTÀ DI PAROLA COSTA DELLE VITE, È UN PREZZO ALTO DA PAGARE
Al Direttore – Stewart et al. hanno ragione a ricordarci che i 17 anni trascorsi dalla scoperta dell’HIV sono molto tempo (Nature 407, 286; 2000).
Noi abbiamo entrambi perduto nonni e bisnonni per la tubercolosi. Si sarebbe potuto pensare che in cento e più anni da quando Robert Koch ha scoperto il Mycobacterium tuberculosis (senza soddisfare tutti i suoi postulati), ci saremmo trovati in una situazione un po’ migliore rispetto a quella in cui siamo oggi: circa 1,7 miliardi di persone infette, con un tasso di morte annuale di 1,8 milioni. Naturalmente, potremmo tutti concordare sul fatto che la tubercolosi è causata da un altro microbo, ad oggi sconosciuto, che cavalca i flagelli del M. tuberculosis. In quel caso, forse, l’assenza di progresso avrebbe senso. Un paradigma perduto.
In una vita precedente, uno di noi era un servitore del filosofo francese Voltaire. Ricordo che un giorno stavo pulendo la sua stanza e mi imbattei in una lettera a Jean-Jacques Rousseau. Poiché ero un ugonotto, fui felice di leggere la frase “io non sono d’accordo con quello che dite, ma difenderò fino alla morte il vostro diritto di dirlo”. Quello che però non è molto noto è la frase successiva: “Il mio unico dubbio, Signore, è se le pagine di Nature siano il luogo adatto”.
Noi siamo leali sostenitori del diritto alla libertà di parola, ma è Nature il luogo adatto per militare a favore del modello pre-copernicano dell’universo o dell’esistenza del flogisto? Dopotutto, esiste lo Speakers’ Corner in Hyde Park, quando non piove. Pretendere il diritto di replica o un tempo equivalente su simili questioni è un trucco che hanno usato i creazionisti.
L’HIV causa l’AIDS. I problemi sorgono quando l’alternativa proposta costa delle vite.