Dora ha scritto:Vedere anche l'intervista a Guido Silvestri:
“LA RICERCA ITALIANA PERDE POSIZIONI”. Ho trovato particolarmente interessante questa domanda/risposta:
In quali settori della ricerca sull’Hiv siamo più deboli?
Da due anni organizziamo i
CROI-ICAR Awards con cui premiamo a ICAR i migliori lavori italiani presentati al CROI. Sono tutte ricerche fondamentalmente di tipo clinico, alcune ottime, con buona casistica di pazienti, ben controllate, con osservazioni interessanti. Quindi c’è sicuramente una infrastruttura clinica che è gestita bene, con buoni medici, bravi statistici: da questo punto di vista c’è un buon contributo alla ricerca mondiale. Dal punto di vista della ricerca di base in generale, indipendentemente dal fatto che sia sulla patogenesi, sui vaccini o su altro, stiamo scivolando indietro: ormai è un pezzo che non c’è più un contributo rilevante. Anche perché c’è una generazione che ha dato degli ottimi contributi in passato ma che fatalmente si sta invecchiando: mancano i trentenni che vengano su a parlare di progetti innovativi, vedo molta timidezza, vedo i ragazzi cristallizzati in queste eterne dinamiche tra professori, associati, ricercatori, posizioni che rimangono occupate dagli stessi personaggi per cui non si liberano mai i nuovi talenti. È ovvio che l’attuale penuria di risorse economiche rende questa situazione ancora più difficile da sbloccare: servono borse di studio o sostegni per rilanciare i giovani ricercatori.
L'intervista a Guido Silvestri che Giulio Maria Corbelli ha pubblicato l'estate scorsa non ha fatto molto piacere ad alcuni dei firmatari dell'appello al governo perché venga preservata la ricerca italiana sull'HIV/AIDS. Ecco la loro reazione e la rettifica di Silvestri.
Poiché non si fa cenno a una risposta da parte del Presidente Letta e e del Ministro Lorenzin all'appello dei ricercatori, immagino che questa risposta ancora non sia arrivata.
LA RICERCA ITALIANA È VIVA
In seguito alla pubblicazione sul numero 52 di Anlaids ByMail di luglio 2013 dell’intervista a Guido Silvestri sulla situazione della ricerca sull’HIV/AIDS in Italia, abbiamo ricevuto prima una lettera da parte di alcuni dei firmatari dell’appello al Governo di cui si parlava nello stesso numero e subito dopo una lettera di precisazione da parte di Guido Silvestri. Pubblichiamo volentieri entrambe qui di seguito.
Caro Giulio,
ti scriviamo dopo aver letto l’
ultimo numero di Anlaids ByMail in cui hai dato ampio spazio alla nostra
iniziativa di stimolo al Governo di non abbandonare la lotta all’infezione da HIV ed all’AIDS in tutte le sue componenti essenziali ed inscindibili: prevenzione, cura e ricerca. Grazie!
Nello stesso numero, abbiamo anche letto
l’intervista a Guido Silvestri (nostro connazionale che da molti anni vive negli USA) e le sue valutazioni sullo “stato di salute” della ricerca italiana in quest’ambito.
Pur condividendo molte sue riflessioni, desideriamo tuttavia affermare che la ricerca di base italiana, pur soffrendo di un incomparabile divario nei finanziamenti della ricerca dedicati ad HIV/AIDS tra Italia e Stati Uniti (dove si continuano ad investire miliardi, e non milioni, di dollari), ha continuato a dare ottimi contributi anche recentemente grazie principalmente all’esistenza di un pubblico Programma Nazionale di Ricerca su HIV/AIDS (ProgAIDS) che assegnava finanziamenti su base competitiva e peer reviewed. Pur nelle difficoltà odierne, ci sono ancora diversi ricercatori italiani – tra cui i firmatari della presente lettera – che continuano ad investire nella ricerca su HIV/AIDS con passione ed entusiasmo.
Come
abbiamo scritto il 4 luglio scorso ai Ministri competenti, l’ultimo ProgAIDS è terminato il 30 giugno 2013 senza che sia stata presa alcuna decisione per il futuro. Tuttavia, in mancanza d’investimenti tutto il patrimonio culturale e scientifico costruito in vent’anni sarebbe rapidamente depauperato. Infatti, è noto che senza finanziamenti pubblici non può esserci libera ricerca.
È importante sottolineare che, oltre al prestigio scientifico nazionale conquistato in vent’anni di ricerca, perderemmo soprattutto la possibilità di formare nuovi ricercatori di ambito medico-virologico in grado di affrontare non solo l’infezione da HIV, ma altre possibili pandemie come recentemente accaduto nel caso della SARS e dell’influenza a potenziale pandemico.
È per questi motivi che invitiamo Guido Silvestri a sottoscrivere l’appello che abbiamo recentemente inviato al Governo e di cui Anlaids è sostenitrice (assieme ad altre due Onlus e cinque Società scientifiche), per rilanciare un moderno e competitivo programma nazionale di ricerca su HIV/AIDS.
Cordialmente,
- Mario Clerici, Università degli Studi di Milano, Milano
Andrea Cossarizza, Università di Modena e Reggio Emilia, Modena
Mauro Giacca, ICGEB, Trieste
Carlo Federico Perno, Università di Roma 2 “Tor Vergata”, Roma
Mauro Piacentini, Università di Roma 2 “Tor Vergata”, Roma
Guido Poli, Università Vita-Salute ed Istituto Scientifico San Raffaele, Milano
Caro Giulio,
Rileggendo
l’intervista da me rilasciata qualche tempo fa al bollettino Anlaids, ho notato una frase (“Dal punto di vista della ricerca di base … ormai è un pezzo che non c’è più un contributo rilevante.”) che è ingiustamente dura nei confronti del lavoro svolto da tanti ricercatori che si occupano di AIDS in Italia. Di questo mi scuso con i colleghi, a molti dei quali sono legato da un sincero rapporto di stima ed amicizia, e poiché questa frase non riflette il mio pensiero, provo a chiarire il concetto in queste poche righe che ti pregherei di pubblicare.
In realtà ci sono diversi gruppi di ricerca italiani cha stanno facendo, nonostante la cronica e severa carenza di fondi, un ottimo lavoro che viene riconosciuto anche a livello internazionale, e da me in primis nei miei ruoli editoriali e di revisore di progetti. Il problema è che, purtroppo, non si possono fare in eterno le nozze con i fichi secchi, e se non ci sarà una decisione politica “forte” di dedicare nuovi e sostanziosi investimenti alla ricerca sull’AIDS, questa situazione già da tempo difficile potrà soltanto peggiorare. In questo scenario, il risultato inevitabile è quello di un declino progressivo della qualità scientifica e della impossibilità di formare una nuova generazione di giovani ricercatori.
Per questi motivi ribadisco che il senso delle mie parole era, ed è, quello di un invito a tutti gli organi governativi e amministrativi competenti di aiutare la ricerca italiana sull’AIDS in ogni modo possibile (a partire ovviamente dall’indispensabile sostegno finanziario e di infrastrutture) e di non correre il rischio di lasciar morire di inedia una risorsa scientifica di grandi tradizioni e potenzialità.
Un caro saluto,